Will Graham aveva trentasette anni, molti riccioli neri, una corta barba e occhi più azzurri di un cielo estivo alle cinque del pomeriggio. Trascorreva molto tempo all'aperto, ma era comunque pallido come una mozzarella, visto che non aveva proprio la pelle di uno che si abbronza facilmente. In compenso, giusto per non sembrare un fantasma diafano, era piuttosto muscoloso.
Will Graham era anche un tipo che evitava di guardarsi allo specchio, visto che non solo non era affatto vanitoso, ma si sentiva disturbato dal proprio riflesso asimmetrico che lo scrutava come se fosse una persona diversa da lui. Non c'erano specchi in casa sua, eccetto l'unico nel bagno che serviva per farsi la barba in maniera più accurata.
Quella mattina non si era regolato la barba perché voleva evitare lo specchio, perciò sarebbe andato da un barbiere per farsela tagliare. Il suo psichiatra, il dottor Hannibal Lecter, gli aveva più volte proposto di tagliargli sia barba che capelli, ma Will aveva rifiutato e non di certo perché lo credesse poco abile come barbiere, quanto perché si sentiva a disagio ad avere una lama affilata maneggiata da lui vicino alla propria gola, specie dopo aver commissionato il suo assassinio.
Ma era una storia lunga, e come al solito si stava perdendo nei propri pensieri. Era un flusso continuo difficile da fermare, associazione su associazione, immagini, figure, un fiume di cui era testimone dello scorrere senza avere alcuna possibilità di costruire una diga resistente.
Così, una cosa tira l'altra, e non aveva intenzione di farsi radere dal proprio psichiatra.
Non era un tipo da chiacchiericcio, perciò lasciò cadere in modo quasi scortese ogni tentativo del barbiere di fare gossip o scucirgli una conversazione frivola. L'uomo si arrese e si mise a parlare con la persona in attesa del proprio turno di come Johnny avesse una tresca con Roxie.
Forse era un programma televisivo, o parlavano di gente reale. Non che gliene importasse.
Quello che sembrava di gran lunga più importante era che non aveva approfondito la questione del paziente da incontrare, anche se a bene vedere contava sulla punta delle dita i pazienti dell'Istituto che potessero essere definiti “innocui”. Per di più non era nello stile di Alana farlo ammazzare da un paziente per farlo sembrare un incidente, e sperava di non aver combinato così tanti pasticci da esserselo meritato.
Inspirò a fondo, cercando di tenere ferma la testa. In realtà, gli dava fastidio anche le mani di quell'uomo che gli danzavano sul volto, non era un fan del contatto fisico con gli sconosciuti.
Quindi, un paziente “innocuo”? Innocuo per chi?
Si chiese se ad aver chiesto di lui fosse stato Matthew Brown. Non era un incontro che voleva fare, e se fosse stato chiunque altro a chiederglielo avrebbe rifiutato di slancio.
Ma era stata Alana. Avrebbe visto anche Matthew Brown, non si sarebbe rimangiato la parola.
Il momento di andare all'appuntamento arrivò troppo presto, dopo aver aspettato che arrivasse tutto il giorno. Non che avrebbe potuto essere più preparato di così.
La macchina di Will non era appariscente, ma il Dottor Chilton la riconobbe subito, appollaiato come uno spiritello maligno sulle scale a sbarrargli l'entrata.
Will salì i gradini con tranquillità. Si, non indulgeva particolarmente nell'essere sociale e tanto meno esserlo con chi voleva frugargli nel cervello fino a ridurlo come un uovo strapazzato; ma Frederick era così facile da gestire da essere patetico.
Avrebbe potuto sentirsi paterno nei suoi confronti se non si fosse ricordato di come non aveva avuto neppure la decenza di far finta di non vederlo come un articolo su una rivista di psicologia la prima volta che lo aveva visto.
«E tu che ci fai qui?» Chiese il dottore.
Era strano il tono di vero stupore nel tono di Chilton. Nessuna battuta piatta in tasca, davvero?
«Non è divertente» Gli assicurò Will, continuando a salire le scale
«Non deve essere divertente! Che cosa ci fai qui tu? Dove stai andando?»
«Beh, mi sto avvicinando a te» Will si fermò a due gradini di distanza da lui «Per chiederti di accompagnarmi dal paziente che ha chiesto di me»
«Nessun paziente ha chiesto di te!» esclamò Chilton «Che cosa ci fai qui?»
«Come sarebbe a dire? E tu allora chi stavi aspettando?» Will lo squadrò dalla testa ai piedi, cosa non difficile da fare vista la taglia del dottore «Non dirmi che di solito guardi giù dalla scalinata per divertimento»
«No. Stavo aspettando il dottor Lecter»
«Deve venire qui?» Will iniziò a sentirsi davvero irritato.
Nessun paziente aveva chiesto di lui? Hannibal stava per venire lì? Che diavolo stava succedendo e perché Alana gli aveva mentito?
«Si» Chilton sogghignò «Deve incontrarsi con Teo, un nostro paziente. La dottoressa Bloom lo ha richiesto»
«Beh, anche io sono stato richiesto. La dottoressa Bloom mi ha chiamato e mi ha detto di venire»
«Beh, a me non ha detto niente, quindi mi vedrò costretto a lasciarti fuori da qui»
«Dottor Chilton, voglio vedere Alana»
«E chi non vuole? Il fatto è che non si può entrare e uscire da un manicomio criminale a piacimento...»
«Will!» una voce familiare lo chiamò dall'uscio, molto più in basso.
Sia Frederick che Will scesero di un gradino e guardarono la persona che era appena entrata. Il dottor Hannibal Lecter aveva appena varcato la soglia, statuario nel suo completo tre pezzi azzurro, con i capelli ben pettinati all'indietro che scintillavano come un misto bicolore di oro e argento. Lame di luce e ombra coloravano la sua pelle ambrata e sottolineavano i suoi zigomi prominenti e le labbra carnose.
«Ecco, aspettavamo lei, dottor Lecter!» Gioì insensatamente Frederick
«E perché mai, dottor Chilton?» La voce spessa e dall'accento straniero del dottor Lecter si piegò interrogativamente
«Come perché? Per incontrare Teo»
«Non ne ero stato messo al corrente» ammise Hannibal «Sono venuto per dire a Will che potrebbe non essere la migliore idea visitare adesso, e da solo, l'ospedale psichiatrico. E anche per portare uno spuntino alla dottoressa Bloom» sollevò un piccolo contenitore di plastica a chiusura ermetica.
Will aggrottò le sopracciglia
«Io sono stato chiamato da Alana per vedere un paziente, non sono solo» ribatté
«Non è vero! Non è vero» con l'indice alzato, Frederick lo ammonì «Non sei stato invitato, lui è stato invitato!»
«Ma quando?» domandarono all'unisono Hannibal e Will, l'uno pacatamente curioso e l'altro sonoramente irritato
«Stamattina. Alana ha detto che avrebbe portato qui il suo ragazzo».
Will lanciò un'occhiata di sbieco ad Hannibal, poi fece un sorrisetto vedendolo arrossire appena appena, solo sulla punta delle orecchie, abbastanza da non essere notato da qualunque osservatore eccetto i più attenti.
«Io non sono il ragazzo di Alana» Disse «Siamo solo amici»
«Lo sanno tutti che non è così» replicò in fretta Frederick, malizioso «C'era scritto anche sul giornale»
«Il Tattle Crime?»
«Si»
«Dovrebbe occuparsi di crimine. Non di me e della mia collega»
«Si occupava di crimine. Lei è stato vittima di un attacco, no? Ci ha quasi rimesso le penne. E la dottoressa Bloom la ha aiutato»
«Siamo amici. Non è la mia ragazza».
Alana spuntò alle spalle di Frederick proprio in quel momento.
«Il tuo ragazzo è qui» Disse a voce un po' troppo alta il dottor Chilton «Puoi portarlo giù da Teo, se ti va».
La dottoressa Bloom parve per un attimo confusa su quale fosse il suo ragazzo, poi prese per mano Will e gli disse
«Bentornato! Va tutto bene?»
«Benissimo» mentì lui, disinvolto «Allora, andiamo a vedere Teo?»
«Certo. Dai, andiamo. Vieni anche tu, Hannibal?»
«No» rispose serafico il dottor Lecter «Però ecco uno spuntino. E non stressare troppo Will, è un periodo un po' strano per lui».
Frederick era più che mai confuso.
«Ma chi è il suo ragazzo?»
«Si faccia gli affaracci suoi e si trovi una ragazza sua» ribatté un po' piccata la dottoressa Bloom, e i due rientrarono insieme nell'Istituto.
Hannibal e Chilton rimasero a fissarsi sugli scalini. Frederick si gonfiò come un tacchino avvantaggiandosi del fatto che era più in alto sulle scale, e il Dottor Lecter si limitò a salire un paio di gradini, sovrastandolo. Chilton si sgonfiò e Hannibal si allontanò soddisfatto.
Will sapeva che non sarebbero passati per la fila di celle per parlare con il Folle Teo, ma che il criminale sarebbe stato trasferito in una gabbia apposita, in una stanza lontana dagli altri internati; in fondo non c'era bisogno di mostrare tutta la biancheria sporca a chi si sta infliggendo una visita già con un paziente solo.
Trovò quasi ironico che Teo li aspettasse nella gabbia di solito riservata a lui.
Alana gli toccò un gomito, lievemente, ma Will lo apprezzò.
«Oh, dottoressa Bloom! Lei è un angelo del Signore, se solo non fosse che non è bionda, non è asessuata, non ha le ali e non appartiene a nessun Signore. Ma per il resto è un angelo del Signore» Li accolse Teo sorridente, aggrappato alle sbarre
«Ma di niente Teo»
«Le auguro, e mi auguro, di tutto cuore che tutta la baracca finisca a comandarla lei, dottoressa. Se me ne presenterà l'occasione, sappia che cercherò di farla promuovere al posto di Frederick».
Will sentì un goccio di simpatia per il folle che non si sforzò neanche di trovare inappropriato.
«Che dire, grazie a te» Rispose educatamente la dottoressa.
Gli occhi castani del folle passarono sull'altro uomo, ballando nel tentativo di sondarlo. Will rimase immobile, e all'apparenza impassibile. Anche a lui venne dedicato un sorriso, ma visto che Teo faceva quell'espressione a chiunque passasse come un imbecille, Graham dubitò che fosse rivolta a lui quanto a sé stesso.
«Grazie per essere venuto, signor Graham. Non le prenderò molto tempo, vorrei solo farle una proposta. È vero che lei può prendere anche punti di vista altrui?»
«Posso capire le motivazioni che hanno spinto a compiere delle certe azioni» l'uomo annuì lentamente, senza guardare Teo negli occhi, ma senza evitarlo apertamente.
«Oh, è molto più di questo, o il nostro hobbit malvagio non avrebbe interesse in te»
«Hobbit malvagio?» ripeté Will piano, reprimendo l'impulso di ridere
«Frederick, ma sono sicuro che ci siamo intesi. Ad ogni modo, apprezzo l'umiltà quando è sincera, perciò sono ancora più convinto: ho bisogno di una seconda voce per il mio esperimento, e ho bisogno di qualcuno che sia in grado di cantare insieme a me senza sbagliare. Ad istinto. Quindi ho bisogno di te» allargò le braccia verso di lui «Puoi usare il tuo talento per me?»
«Non mi avevano mai chiesto di mettere a frutto il mio talento per scopi musicali»
«Eppure è così ovvio» Teo batté le palpebre «La musica è sentimento e passione che ti attraversano. Un uomo invischiato così a fondo nelle emozioni dovrebbe essere in grado di...»
«Scusa, Teo, questa parte la devi rivedere» lo interruppe gentilmente Will
«Folle Teo»
«Folle Teo» ripeté accomodante l'uomo, perché è stupido litigare con i pazzi o folli che siano per come vogliono farsi chiamare «Non sono un bravo cantante. Né un musicista particolarmente virtuoso, a dirla tutta. Ma di cosa tratta il tuo, uhm, esperimento?»
«Il mio esperimento è emozionante, e sono certo che dopo averlo sentito, vorrai cantare con me» disse Teo eccitato «Sei familiare con il fenomeno della risonanza, ed in particolar modo con la risonanza acustica?»
«Familiare è una parola grossa. Ma so di cosa parli»
«Ti faccio un esempio veloce: hai mai visto nei cartoni animati, o nei fumetti, quelle persone che con la loro sola voce spaccano i bicchieri? Ecco, alla base c'è il principio di risonanza. Se percuoti un bicchiere, esso creerà una nota unica, con un suo ben preciso timbro, frequenza e altezza. Se una persona riesce a riprodurre la stessa identica nota ed a sostenerla per un certo periodo di tempo, si creerà una risonanza che romperà il bicchiere. E questo non vale solo per i bicchieri o per gli oggetti di vetro: tutto può entrare in risonanza abbastanza da spezzarsi, basta forzarne la struttura a vibrare ad una delle frequenze proprie. Potresti spezzare persino una persona»
«Interessante»
«Si, vero? Il problema è che di solito si lavora con oggetti a basso smorzamento perché sono più facili da rompere»
«Basso smorzamento?»
«Si. Tipo, se colpisci un barattolo e il suono ci mette alcuni secondi per smorzarsi fino a smettere, quella è una struttura a basso smorzamento. Ed è ideale da spezzare»
«Ah. E quindi cos'è che vorresti fare, esattamente?»
«Uno studio sulla materia. Ho già molte conoscenze al riguardo, ma poter distruggere qualunque cosa con la sola voce ho bisogno dell'aiuto di un secondo cantante, una voce che mi supporti, sai. Un coro sarebbe l'ideale, però ora come ora non credo di poterne formare uno come si deve» prese un profondo respiro «Voglio trovare la frequenza vibratoria della realtà, del nostro intero mondo. In questo modo potrò sapere come distruggerlo. E se saprò come distruggerlo, saprò anche come salvarlo».
Will rimase per un istante in silenzio. Doveva ammettere che l'idea di manipolare la realtà attraverso la musica sarebbe stata formidabile... se solo fosse stata fattibile. Aveva letto degli esperimenti per spezzare i bicchieri con la voce e non erano affatto semplici come Teo voleva farli sembrare, quanto al distruggere qualunque altro oggetto sarebbe stato quasi impossibile tranne di possedere altoparlanti giganti, fedelissimi e connessi a un programma audio che permetteva di impostare ogni aspetto delle frequenze audio.
«Mi vedo costretto a declinare» Disse gentilmente «Non so cantare, men che mai armonizzarmi con quella che immagino essere la grande voce di un cantante eccezionale ed esperto come immagino che tu sia. Sarei molto imbarazzato anche solo a provarci, sinceramente»
«Oh, io credo che tu possa fare grandi cose solo con un po' di allenamento»
«Sono stonato, Teo» Will aggrottò le sopracciglia «Non canto neppure sotto la doccia, dubito di poter fare entrare in risonanza alcunché. O anche solo di cantare un duetto intonato con te»
«Oh. Ma puoi sempre provarci e...»
«Sarebbe una prova inutile» lo interruppe Will «Inoltre sto poco bene e non mi sento incline a questi esperimenti. No, mi dispiace, non posso farlo»
«E va bene» Teo parve perdere un po' del suo buonumore «Troverò qualcun altro»
«Che ti aiuti a spezzare le sbarre delle celle urlando?» si intromise Alana, con un sorriso «Io non credo proprio!»
«Lei, signorina Bloom, sa cantare?»
«Solo country e musica da osteria. E non canterò per distruggere il mondo, te lo dico da ora»
«Che autentico peccato!».
Sia lui che la dottoressa risero, mentre Will si massaggiava lentamente un gomito. C'era freddo lì dentro e un'atmosfera che, nonostante l'allegria di Teo, sembrava permeata di dolore. Come faceva la dottoressa Bloom a passare in quel salone praticamente tutti i giorni e a parlare con quelle persone chiuse in quelle piccole gabbie?
«Quindi, posso andare?» Si trovò a dire. Per un attimo si chiese se non fosse un gesto debole chiedere il permesso ad una persona che non aveva alcun controllo su di lui, mostrare gratuitamente il collo. Ma era la spinta finale che Teo voleva per arrendersi, perché evidentemente lo apprezzò.
«Un no è un no» Il folle fece un sorriso rassicurante, tanto da sembrare fuori posto dentro la piccola gabbia. La sua affermazione fece roteare gli occhi alla dottoressa Bloom. «Ma grazie per avere accettato di vedermi, signor Graham. Lo apprezzo molto, e grazie anche per la franchezza. Si, può andare».
Will annuì senza guardarlo, gli occhi azzurri che seguivano le venature del marmo della parete.
«Arrivederci, signorina Bloom. Arrivederci, signor Graham»
«Ciao Teo» salutò Alana, intrecciando di nuovo le dita a quelle di Will per tirarlo gentilmente verso l'uscita.
Will avvertì gli occhi del folle fissi sulla propria nuca finché non uscirono dalla stanza.
Teo si sedette nella gabbia, aspettando che un addetto lo trasportasse nuovamente alla sua cella. Nonostante il disappunto, non era molto abbattuto. Si, questo incontro era stato un fiasco totale, ma ora sapeva di avere tranquillamente il potere di organizzarne molti altri.
Ci sarebbe pur stato qualcuno là fuori che poteva e voleva fargli da secondo. Non si sputa in faccia alla salvezza del mondo così, anche se nessun altro sembrava minimamente preoccupato per il futuro della bella Terra. La bella Terra in cui viveva, la bella Terra che avrebbe potuto collassare da un momento all'altro.
Che miopi: solo perché non vedevano un pericolo imminente non vuol dire che non ce ne fosse uno. Se il battito di ali di una farfalla può creare un tornado, allora, sconosciuto com'è l'Universo e le sue dinamiche, come potevano sapere che l'equivalente di un grosso tornado non stesse per disintegrarli? Che l'entropia non avrebbe ridotto in piccole particelle tutto e poi inglobato quelle piccole particelle, la polvere di cui erano fatti?
Si alzò in piedi di scatto, divorato dall'ansia. Era come se potesse fisicamente qualcosa rosicchiarlo dall'interno, qualcosa che gli rendeva scomoda la sua stessa pelle come una tuta due volte più larga, come se qualcosa di strisciante avesse cominciato a separarlo da dentro, epidermide dai muscoli, muscoli dalle ossa.
E poi sarebbe stato solo polvere, polvere, polvere.
Tutto quello di cui era fatto e quello che pensava e che aveva fatto e che era e che...
Si alzò in piedi e cominciò a battere a palmi aperti sulle sbarre d'acciaio, urlando fino a sentirsi scorticare la gola, fino a che il fiato non gli si esaurì soffocando il suo cervello, e allora alternò urla più brevi, sperimentò con urgenza diversi timbri. La sensazione era la stessa di sempre.
Il clangore delle sbarre si spegneva nel momento in cui si era sempre spento, non un secondo di più né di meno, la sua voce era sempre lo stesso ululato disperato.
Si lasciò cadere di nuovo, ansimando. E sorrise.
No, era ancora tutto a posto.
All'uscita, Alana e Will incontrarono di nuovo Hannibal, intento ad ammirare un quadro dipinto da uno dei degenti, un cavallo impennato con parecchi errori anatomici, ma abbastanza carino da essere stato esposto; doveva essere stata una concessione del precedente gestore dell'ospedale perché di solito Chilton distruggeva qualunque cosa venisse prodotta dai pazzi.
Will lo salutò alzando una mano, in tono mogio
«Dottor Lecter...».
Hannibal sorrise. Amava il modo in cui Will pronunciava quelle parole, quasi saltando la c nel suo cognome. Dottor Letter.
«Will» Chinando la testa, lo psichiatra ricambiò il saluto, poi si avvicinò ad Alana e le passò un braccio intorno alle spalle, chinandosi un po' per farlo: lui era alto un metro e ottanta, lei molto, molto di meno.
La dottoressa Bloom si strinse a lui
«Che cos'è tutta questa confidenza?» scherzò, dandogli un colpetto con il gomito
«Siamo colleghi. E amici»
Will tossì per nascondere un sussurrato “e amanti”. Hannibal non riuscì a sentirlo, ma Alana si e lo fulminò con lo sguardo.
Will fece un sorrisetto malizioso. Hannibal parve preoccuparsi
«Hai preso freddo, Will? Non avrai di nuovo la febbre?»
«La febbre?» con un risolino nervoso, distolse lo sguardo «No, proprio no. Non ho mai avuto problemi con il freddo. Era solo un colpetto di tosse»
«Ha detto “e amanti”» lo denunciò ad alta voce Alana.
Hannibal annuì «Se lo ha detto, lo ha fatto tossendo»
«Si sarà strangolato con la propria saliva» scherzò la dottoressa «Dopotutto può capitare, pensando a noi. O no?»
«Certo che può capitare. A te capita».
Will rise
«Dottoressa! Ma che cosa vengo a sapere dal tuo collega?»
«Soffro di ipersalivazione!» esclamò lei, puntandogli l'indice contro il petto e allontanandosi bruscamente da Hannibal «Può capitare a tutti! È un disturbo autentico, non sbavo sugli uomini!»
«Nessuno lo ha detto»
«Lo stai pensando però»
«Non dico si e non dico no» Will si strinse nelle spalle «Quindi pensi spesso al dottore...»
«A tutti e due» lo corresse Hannibal «Insieme».
Quelle parole parvero colpire Will, e non del tutto positivamente. Con le sopracciglia aggrottate, fissò la faccia ossuta del suo psichiatra... come faceva a sapere cose del genere? Alana gli confidava le proprie fantasie? E perché ora lui glielo diceva? Non gli stava suggerendo qualcosa, giusto?
«Comunque, miei cari amici» Hannibal si scostò un lembo della giacca per estrarre qualcosa da una tasca interna «Ho qui un paio di biglietti per un evento davvero interessante a Wolf Trap, così non dovrai spostarti molto di casa, Will...»
«Intendi il teatro nel bosco?».
Il teatro nel bosco era una delle grandi attrattive di Wolf Trap: la Virginia aveva meravigliose, maestose, foreste e un'associazione culturale aveva deciso che sarebbe stata un'ottima idea mettere in scena rappresentazioni di ogni genere all'aperto. Will partecipava a quel genere di eventi, anzi, a dire il vero erano gli unici eventi organizzati da esseri umani a cui lui partecipasse. Non gli piaceva andare all'opera, con tutti quei tipi snob, e non gli piaceva il cinema, con il suo buio claustrofobico e il volume troppo alto, però qualunque cosa fosse messa in scena sotto un tetto di rami, con il vento fresco ad accarezzarti la faccia e la possibilità di scappare via in qualunque momento, valeva la pena di essere visto.
Alana sollevò un sopracciglio
«Nel bosco?»
«Si» Spiegò Will «A Wolf Trap mettono in scena storie all'aperto. In mezzo ai boschi. È davvero fantastico. Una volta ho visto “Sogno di una Notte di Mezza Estate”. Ha tutto un altro fascino se l'ambientazione è autentica e non fatta di cartone»
«Non nutro alcun dubbio al riguardo. E quindi quando si va?»
«Mercoledì, alle quattro e mezza. Ho un biglietto anch'io».
Hannibal sventolò i pezzi di carta che aveva in mano
«Allora ne abbiamo uno in più» constatò «Chi invitiamo? Jack Crawford? Chilton?»
«Perchè non inviti la tua terapista, Bedelia?» domandò con un sogghigno Alana
«Per favore... non verrebbe mai. Sedersi accanto a Will, magari in un bosco? Avrebbe paura di essere assassinata» Hannibal roteò gli occhi «O peggio. Di essere morsa dalle zanzare».
I due psichiatri risero, mentre Will pensava a come chiedere con gentilezza di non invitare Jack Crawford. Almeno lì non voleva dietro il suo capo.
«Invitiamo Marta?» Domandò Alana.
Will sospirò lievemente di sollievo: magari non avrebbe dovuto chiederlo perché avrebbero invitato qualcun'altro.
«No!» Rispose Hannibal, seccamente
«Perché no?»
«Dialetto e alito alla birra? No, grazie»
«Allora invitiamo Jack Crawford?»
«Jack Crawford è una grande idea. Gli offriremo un pegno di gratitudine per il lavoro che fa per noi»
«Anche se non se lo merita» concluse Alana, annuendo convinta.
“Nononononono”. Will si sentì sprofondare, il che era piuttosto inquietante visto che posava i piedi su un solido pavimento di marmo verde.
«Ehm» Provò «Potrebbe essere una buona idea, ma magari dovremmo offrire il posto a qualcuno che è interessato. Non ho mai visto Jack come un fan del teatro».
Hannibal lo guardò con un micro sorriso, ma era indubbiamente divertito.
«Beh, non lo sappiamo perché non ne parliamo granché con lui» disse Alana pensierosa «Ma in effetti piuttosto che a casaccio dovremmo pensare a qualcuno che...»
«Invitate me!» Esclamò Frederick Chilton, a voce più alta di quanto avesse voluto.
I tre fecero istintivamente un passo indietro. Non tanto perché qualcuno avesse gridato all'improvviso, era più un effetto della voce del dottore.
«E tu da dove spunti fuori?» Chiese Will, aggrottando le sopracciglia
«Questo è il mio Istituto, è normale che io sia qui. Io so tutto ciò che succede qui».
Will occhieggiò verso il grosso cartello che avvertiva di trovarsi al “Baltimore State Hospital for the Criminally Insane”. Era grande abbastanza da nasconderlo, quindi probabilmente era stato là dietro.
Alana pensò che Chilton non aveva idea di cosa succedesse nel suo Istituto, ma gentilmente evitò di farlo presente.
«Comunque, invitate me. Io sono interessato, sono un vostro amico, e voi avete un biglietto in più» Elencò allegramente bello dritto di fierezza, con un fastidioso tono di superiorità.
«Non sei mio amico» Disse Will.
Chilton si sgonfiò e si allontanò.
«Okay, allora. Hannibal, tu conosci molte persone che apprezzano il teatro, vero?» Proseguì Alana, riafferrando con abilità il filo del discorso
«Vero» Confermò il dottor Lecter «Ma avrei preferito invitare un amico comune, o almeno non un perfetto sconosciuto, di modo che tutti potessimo apprezzare maggiormente l'esperienza»
«La signora Komeda?»
«Pretenderebbe di essere invitata a casa per una cena. Non sono pronto all'evenienza».
Will trovò peculiare che quello che preoccupava Hannibal non erano gli auto-inviti a casa sua dei suoi conoscenti, ma di non poter allestire cena e spettacolo da cinque stelle per loro. Tutto sommato, non era una caratteristica da disprezzare (ne aveva beneficiato troppo per lamentarsi).
«Che amici abbiamo in comune con Will? Torniamo a Jack?»
«No, davvero, non c'è bisogno di sprecare quel biglietto per mettermi» “A disagio” «A mio agio. Scegliete pure tra voi, il biglietto è vostro».
Alana annuì e incrociò le braccia, pensierosa «Okay, ma spero che non dovremo davvero finire per invitare Chilton».
Hannibal prese a camminare
«Proviamo un attimo a schiarirci le idee camminando» propose serio, mentre i due amici lo seguivano «Jack lo conosciamo tutti ed è un buon amico»
«Tranne per il fatto che ti sospetta di essere un killer e continua ad indagarti» lo interruppe Alana
«Quello lo faceva anche Will, ma è un buon amico lo stesso»
«In effetti non pretendo di capire come mai ti fai massacrare dai tuoi amici» la dottoressa Bloom alzò le mani «E poi pensi lo stesso che ti vogliano bene. Per me sei masochista»
«Se lo dici tu. Allora, Jack è un buon amico, ma non ha mai mostrato interesse attivo per il teatro. Preferisce le cene ad effetto e il buon vino. Quindi mettiamo un istante da parte il suo nome, magari lo scegliamo alla fine. Poi ci sono Zeller e Price. Jimmy Price ama il teatro»
«È vero» disse in fretta Will, anche se in realtà non lo sapeva «Potremmo invitare lui. Lo conosciamo tutti e tre e gli piace anche il teatro»
«Si, ma personalmente non ci tengo» il dottore Lecter si strinse nelle spalle, molto più a suo agio rispetto a Will nel dire che non gli piaceva una persona «Siamo usciti insieme una volta e non è finita bene. Non credo che potrebbe mai finire bene. Parliamo di Zeller... qualcuno sa se gli piace il teatro?»
«Gli piacciono i supereroi» rispose Alana «E i film della Marvel. Però una volta gli ho sentito dire che il teatro è da gay. E Jimmy gli ha risposto che a lui piaceva il teatro»
«Ma Jimmy è gay»
«Lo so, Hannibal. Quindi entrambi si sono messi d'accordo sul fatto che il teatro è roba da gay. Non credo che Zeller verrebbe».
Will si imbronciò
«A me piace il teatro» dichiarò
«Nessuno ha detto che Jimmy e Brian abbiano detto una cosa vera» Alana gli diede una pacca amichevole sulla spalla «Tranquillo, noi crediamo che anche un vero macho man come sei tu abbia il diritto di guardare Amleto morire atrocemente insieme a tutta la corte»
«Grazie. Sai sempre come farmi sentire meglio».
Hannibal tirò fuori il telefono, un I-phone con la cover decorata da un elaborato disegno paisley come la sua cravatta, e prese a scorrere con il pollice i nomi nella sua rubrica.
«C'è il dottor Perfect» Disse «A lui piace tutto, figuratevi se non gli piace il teatro»
«Invitiamo lui?» chiese speranzoso Will «Non fa niente se non lo conosco, mi va bene lo stesso»
«Però credo che mi abbia detto che mercoledì ha un impegno. Credo che suo nipote faccia il compleanno, ma potrei mandargli un messaggio subito. Magari scopro che ricordo male la data»
«Fallo, fallo ora e leviamoci il pensiero» lo esortò Alana, continuando poi, mentre il collega digitava velocemente un SMS «Però ci sarebbe anche il dottor Sutcliffe, quello che...»
«È morto l'anno scorso» la interruppe Will «Non ti ricordi? Qualcuno gli ha aperto la testa a metà con delle forbici, prolungando gli angoli della bocca tipo ghigno orribile»
«Oh. A volte è davvero scioccante ricordarsi quanta gente che conosciamo muore atrocemente»
«Già» Will strinse i denti, sentendo i muscoli della parete addominale irrigidirsi per il dolore e l'ansia «Io avrei invitato Beverly Katz, se il Chesapeake Ripper non l'avesse letteralmente tagliata a fette».
Lo squartatore di Chesapeake era Hannibal, e Will lo sapeva, ma il dottor Lecter fece finta di non aver udito assolutamente quell'ultima provocazione e si rimise in tasca lo smartphone
«Fatto. Ora dobbiamo solo aspettare che ci risponda. Potremmo invitare...» fece una piccola pausa, indeciso «No. È morta anche lei. Avete ragione, è davvero scioccante ricordare quanti nostri amici non sono più con noi. È come se intorno a noi e solo intorno a noi fosse distesa una cappa di morte. Io stesso sono quasi morto meno di un mese fa» fissò lo sguardo di fronte a sé e la sua voce, solo per un brevissimo istante, parve tremare «Baltimora è un posto oscuro, un pozzo senza fondo. Affascinante e terribile. E le nostre vite sono continuamente sconvolte, rimescolate, come un mazzo di carte».
Il telefono di Hannibal emise un delicato trillo: il dottor Ken Perfect aveva risposto al messaggio e a quanto pare non poteva venire per via del compleanno di suo nipote.
«Oddio» Disse Will scocciato.
Era la prima divinità che gli era venuta in mente al nuovo sopraggiungere della piccola figura del Dottor Chilton, che camminava deciso verso di loro nonostante il bastone.
«Qualcun altro ha accettato il posto, ci dispiace Frederick» Cercò immediatamente di stopparlo Will «Non possiamo più invitarti».
«Non sono qui per questo» Ribatté Chilton stizzito «Ma per farvi presente che la dottoressa Bloom è in orario di lavoro, e quindi dovrebbe stare alla struttura e lavorare invece di stare con voi» si fermò piazzandosi con le mani sui fianchi, cercando di nascondere l'affanno.
«Ha ragione. Ci vediamo ragazzi, fatemi sapere chi avete scelto di invitare» Sorrise Alana, inclinando un po' la testa imbarazzata e salutando con la mano prima di avvicinarsi al dottor Chilton.
«Comunque» Aggiunse lui «Penso proprio che avreste dovuto invitarmi, e che perderete molto se non lo fate».
I due uomini lo guardarono con un buffo misto di sentimenti che poteva essere interpretato come “No”. Chilton tossicchiò e accompagnò la dottoressa Bloom indietro alla struttura.
«Ma alla fine, chi è il tuo ragazzo?»
«Il Folle Teo»
«Hm, non è molto professionale».
«Sembra che ancora una volta l'avventura sia mia e tua oggi Will» Disse Hannibal, volgendosi nuovamente verso il suo paziente.
Will annuì, tenendo per sé cosa pensava delle loro avventure insieme e sprofondando le mani ruvide in tasca. «Quindi niente Mr. Perfect?»
«Temo di no»
«Sai bene che il numero di persone che conosco è piuttosto limitato» Ammise Graham mentre ricominciavano a passeggiare l'uno di fianco all'altro.
Hannibal aveva le gambe lunghe, da ballerino e ondeggiava un po' ad ogni passo. Will evitò di guardare l'ondeggiare ipnotico dei fianchi dello psichiatra perché gli sembrava inappropriato.
«Mi è parso di capire che non vuoi che Jack si unisca alla nostra compagnia».
Will gli gettò un'occhiata, poi distolse lo sguardo e annuì. Per qualche motivo non importava più di tanto che Hannibal se ne fosse accorto, d'altronde era improbabile che non lo facesse.
«Preferisco non averlo con noi, no».
Il dottor Lecter lo guardò con uno scintillio divertito negli occhi, aspettando che Will continuasse.
«L'atteggiamento di Jack probabilmente mi impedirebbe di godermi il pomeriggio. Oltre al fatto che non sono familiare con lui, che non è interessato al teatro, che di sottintesi e simbolismi non ne capisce niente, sarebbe un costante promemoria di quello che è successo negli ultimi mesi»
«Hai difficoltà a parlarne, Will?»
«No. È solo che è difficile da rendere in breve, quindi ho definito solo i contorni temporali della nostra vicenda»
«Torniamo al nostro quarto ospite, tralasciando Jack perché hai esposto una serie di motivi validi. Pensavo di invitare una mia paziente, ho due candidate attualmente in mente»
«Non le conosco, giusto?»
«Temo di no. E neppure Alana, ma se non vuoi Jack, dubito che tu voglia vedere la rappresentazione attorniato da psichiatri»
«In effetti...»
«Vediamo se sono disponibili» Sorrise Hannibal, col suo bravo I-phone.
Mandò un messaggino alla prima paziente.
Dato che quella di riserva si faceva chiamare “Pittrice” e viveva praticamente appollaiata a disegnare farfalle morte in tutti i modi possibili sulla poltrona del suo studio, sarebbe stato forse meglio per tutti se la prima paziente, Margot, fosse stata disponibile.
Anche se lui probabilmente si sarebbe molto divertito a portare Pittrice con loro a teatro.
Così il dottor Lecter compose il numero di Margot Verger, che sapeva a memoria, e si portò l'I-phone all'orecchio. Dopo alcuni squilli, una voce femminile parecchio annoiata rispose
«Pronto?»
«Pronto. Margot, sono il dottor Lecter»
«Dottore!» la voce della donna si animò appena «Non mi dica, per favore, che il nostro appuntamento salta. Ho bisogno di parlare, ho proprio proprio bisogno di parlarle»
«No, Margot, il nostro appuntamento è sempre alla stessa ora. Ti ho chiamata per invitarti a teatro»
«Ah. A teatro? Solo noi due?»
«No. Con due amici» fece una breve pausa ad effetto «Una dei due è Alana Bloom»
«Alana Bloom?!» il volume della voce della paziente si alzò così tanto da distorcere il suono che uscì dal telefono «Si, d'accordo! Quando devo venire?»
«Mercoledì alle quattro e mezza. Posso passarti a prendere io, se vuoi, alle due e mezza»
«Alle due e mezza? E dove dobbiamo andare ad imboscarci, doc?»
«A Wolf Trap, in Virginia»
«Virginia ancora per poco, doc! Arriviamo noi, attenti tutti! Si, vengo volentieri. Lei è un tesoro prezioso e vorrei che fosse mio fratello, ma è solo il mio terapista»
«Troppo gentile, mia cara. Allora a mercoledì?»
«A mercoledì. Andiamo a comandare, doc! Saremo i più belli in sala»
«Sarà all'aperto, non in sala, a proposito»
«Ah. Grazie, così almeno mi prendo una sciarpa e qualcosa di più pesante».
Un suono stridulo coprì il resto delle parole di Margot. Hannibal si accigliò
«Che succede? Mi senti? Che cosa è successo?»
«Doc, devo andare» rispose con urgenza la ragazza «Mio fratello si è schiantato con un carrello della spesa e sta urlando, non credo che potremo continuare questa conversazione»
«Hai proprio bisogno di vedermi al più presto» sospirò Hannibal «D'accordo. Ci rivediamo al più presto, Margot»
«Arrivederci, dottor Lecter».
Hannibal si rimise in tasca l'I-phone, poi fece un passo indietro per affiancarsi a Will, che era rimasto discosto
«Tutto a posto, William: abbiamo trovato la nostra quarta persona. Credo che potreste anche diventare amici»
«Non amo troppo socializzare» disse tagliente Will «Ma facciamo finta che questa possibilità esista»
«Certo. Fa pure finta, visto che sei così bravo» ironizzò Hannibal, così sottilmente da essere quasi impossibile il discernere il tono di scherno «Magari potresti persino diventare suo amico per finta».
Nei mesi precedenti, Will aveva ingannato praticamente tutti riguardo alle sue vere intenzioni, ma inspiegabilmente tutti lo avevano perdonato; Hannibal era ovviamente compreso nel novero di persone che erano state lese dagli inganni di Graham, ma lo frequentavano ancora come se fosse un buon amico. Non poteva di certo sottrarsene, una volta che lui stesso manipolava regolarmente le persone intorno a lui e che era divertito dall'unica persona capace di giocare con lui a quello strano gioco del gatto e del topo a sorti inverse, in cui il felino e il roditore continuavano a scambiarsi di posto di continuo e a cercare di azzannarsi, ferendosi forse, ma mai mortalmente.
Almeno finché il giorno non sarebbe arrivato.
Will parve leggergli nel pensiero, perché lo fissò dritto negli occhi. E lui non fissava mai la gente negli occhi, tranne che non volesse ucciderli.
«Immagino che ora dovremo fare sapere alla dottoressa Bloom la nostra scelta» Disse Hannibal, serio «Altrimenti potrebbe invitare qualcuna delle sue amiche. Magari una sempre ubriaca che cercherebbe di infilare la sua lingua al sapore di alcol fra le tue deliziose labbra da cherubino, Will».
Graham evitò di rabbrividire per non dare mostra di debolezza, ma gli faceva sempre una gran impressione quando il suo psichiatra gli faceva quel genere di complimento. Sembrava quasi che volesse essere lui ad assaggiare le sue “deliziose labbra da cherubino”.
“Che poi” Pensò Will “Io sono brutto. Mi vedi delizioso e carino solo tu, le amiche di Alana non mi si filano neanche di striscio. Nessuna donna mi si fila neanche di striscio, tranne forse Alana. Però lo fa per pietà e non vuole uscire con me, quello che gli piace sei tu”.
I due tornarono indietro per parlare con Alana, ma Frederick Chilton gli si parò davanti a gambe larghe e gli intimò di andare via.
«Perchè mai, Frederick?» Hannibal si infilò le mani in tasca con un gesto consapevolmente elegante «Vogliamo solo riferire una piccola informazione alla dottoressa Bloom»
«Datela a me! Gliela consegnerò io»
«E se fosse una cosa molto personale?»
«Non dovrebbe essere disturbata sul lavoro per una cosa molto personale. O perlomeno non per una cosa che IO» si indicò il mento «Non posso sapere. Io sono il signore e padrone di questi luoghi e quindi sarò io a portarle il messaggio, dottor Lecter»
«D'accordo» con l'espressione più neutra che gli riuscì, Hannibal comunicò «Per favore, Frederick, le dica che per quella cosa a quattro abbiamo trovato il quarto. Che è una donna molto affascinante, la mia paziente Margot Verger. Sarà certamente una serata divertente per noi»
«Io... glielo dirò» disse Chilton, arrossendo sulla punta delle orecchie e dell'imponente naso.
Quando furono fuori, poco prima che Hannibal salisse in macchina, Will ridacchiò
«Glielo fai proprio apposta, vero?»
«Si» rispose lo psichiatra «Ma non credevo proprio che si dimenticasse che stavamo parlando di biglietti per il teatro»
«Chilton ha la mente sporca, dottor Letter. Pensa quello che vuole pensare, vede quello che vuole vedere. E tu lo intrappoli così... lo fai apposta»
«Forse. O forse no».
Will si concesse un sorriso. Certo era un assassino, ma trovava sempre il modo di farlo divertire.
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