Audizioni per cantanti coraggiosi
Teo fu spostato nella sua gabbia da terapia e attendeva, contento, il primo pretendente al posto di suo braccio destro nel primo esperimento con due voci umani che lui avesse mai tentato.
Ci aveva messo quasi venti minuti per convincere Frederick che quelle audizioni avrebbero dato lustro al suo ospedale, molto più di quanto ci metteva di solito, ma ne era valsa la pena. Ne sarebbe valsa la pena anche se ci avesse messo tre giorni.
La prima persona che entrò nel salone era una donna.
«Partiamo male, sei una donna» Commentò Teo, vedendola da lontano.
Man a mano che si avvicinava, Teo ebbe anche modo di osservare il broncio che le sue parole avevano dipinto su quel musetto. Non gli piaceva la gradazione del rossetto – personalmente non lo avrebbe mai messo, ma la cosa importante non era certo il colore delle sue labbra: c'era da sperare almeno in una buona voce che uscisse da quelle labbra malamente colorate.
Era una bella donna, con quei capelli. Spaghetti d'ebano. Arrivava al petto di Teo, quindi era alta.
«Buongiorno» Disse Teo «Su, non essere intimidita. Il fatto che partiamo male non vuol dire che dobbiamo finire male»
«Buongiorno» ricambiò la donna.
Teo fece una smorfia. Accidenti, era cristallina, un usignolo, un rigoletto, una spumeggiante cascata di acqua fresca da un limpido ruscelletto di montagna.
E lui che se ne faceva di una voce così?
«Certo, è più semplice che finisca male se si continua male. Vediamo un po', allora, tu sei...?»
«Lauren»
«Ciao, Lauren. Io sono il Folle Teo. Sei una cantante?»
«Mi piace molto cantare. Non sono una professionista, ma ho vinto dei concorsi a livello amatoriale e ho molti iscritti su Youtube»
«Va bene lo stesso. E dimmi, sei un trans?».
Lauren lo guardò corrucciata «No»
«Ahi ahi. Non importa, magari hai qualche pregio. Allora, sei una ventriloqua?»
«Eh, no»
«Peccato, mi piacciono i ventriloqui. Tornando a noi, sei brava a fare le imitazioni?»
«Un pò»
«Beh, dai, ci stiamo risollevando! Fammi un'imitazione!»
«Pika pika chu!»
«...».
Ci fu un attimo di silenzio. Lauren lo guardava speranzosa, immobile.
Teo incrociò le braccia. «Sei un Pokèmon molto convincente, ma... hai notato quella parte del mio annuncio in cui chiedevo un timbro maschile, o profondo?»
«Si»
«E allora mi spieghi cosa sei qui a fare Lauren?».
La donna sembrò presa in contropiede. Si schiarì la voce. «Ecco, io...»
«Tu, si?»
«Volevo dirti che... Non è la prima volta che leggo di te, e ti trovo... molto affascinante».
Lo guardò raggiante. Sembrava essersi tolta un grande peso.
«Affascinante come un criceto che gira nella ruota da tre ore filate senza stancarsi, affascinante come Brad Pitt con una parrucca, affascinante come una farfalla controluce, affascinante come un serpente che cambia pelle, come la pietra filosofale, affascinante come un'ipnosi... Affascinante come?»
«Ecco» la donna balbettò qualcosa
«Grazie Lauren, ma non sei ciò che cerco. Comunque, Pikachu ti esce benissimo. Ciao!».
Il folle la salutò con la mano.
La donna rimase lì impettita per un attimo, poi si allontano come se avesse avuto un bastone di legno al posto della colonna vertebrale.
No, una scopa umana che cantava come un angelo del Paradiso non poteva decisamente essergli d'aiuto in questo momento.
Oggi aveva tre soli appuntamenti, e sebbene non fosse deluso da quello appena avuto (si aspettava risposte simili e anche di peggio, in fondo sapeva benissimo che il Tattle-Crime, oltre ad essere l'unico a pubblicare gli annunci degli squinternati, faceva schifo e lo leggevano perlopiù gli squinternati) era speranzoso per il secondo incontro.
La seconda persona che entrò, finalmente era un uomo.
Teo si drizzò nella cella con un sorriso. Questo sembrava più interessante.
Era un uomo alto quasi quanto Teo, abbronzato, con i capelli brizzolati pettinati all'indietro e un tatuaggio a forma di rosa sotto l'orecchio. Una barba quasi argentata, corta, gli ricopriva la mascella.
«Ciao!» Lo salutò Teo «E tu sei?»
«Mark Anderson» rispose quello, con una voce profonda, suadente. Avrebbe potuto essere un televenditore, con quella voce.
Teo battè le mani un paio di volte, entusiasta
«Mark! Mark Mark Mark... sei un uomo!»
«Certo che lo sono!» replicò lui, stizzito
«Certo che lo sei! E che voce assolutamente fantastica, è un boato di note basse, proprio proprio virile. Mi piace!»
«Grazie!»
«Allora, sei qui perché hai letto l'annuncio?»
«Si, Teo. Ho letto l'annuncio sul Tattle e sinceramente penso proprio di essere quello giusto»
«Si, si, vedo che pensi di esserlo e forse lo sei» Teo inclinò un po' la testa da un lato «Guarda come sei grosso, sei molto più grosso della signorina che se n'è appena andata, il tuo petto può fare da cassa armonica ed è tutto fantastico... ora alcune domande personali, ti va? Non voglio che la persona sbagliata possa controllare un potere così grande»
«Certamente» l'uomo allargò un po' le gambe si sciolse le spalle, mentre sollevava le maniche della camicia sugli avambracci tonici e scuri «Sono pronto».
Teo lo guardò ancora una volta, dalla testa ai piedi, e non riuscì a trovare alcun difetto nella sua postura, né alcun tic. Era, fisicamente, una persona perfetta che doveva aver giocato a football in gioventù e che ancora si teneva allenato, anche se forse non andava in palestra. Di sicuro stava molte ore all'aria aperta, a giudicare dall'intenso colorito del suo incarnato e dalle piccole cicatrici sugli avambracci, taglietti più chiari che potevano essere stati causati da cadute occasionali o da passaggi in mezzo a macchie di rovi.
«Allora, cosa pensi che faremo qui?»
«Un esperimento. Non lo so con certezza, però so di essere coraggioso»
«Se l'esperimento dovesse riuscire, e quasi certamente riuscirà se ci impegneremo al massimo, sei disposto ad usare il potere solo sotto le mie regole ed indicazioni?»
«Prontissimo»
«Ma lo dici tanto per dire?»
«No, sono serio. Non potrei mai usare il potere per il male»
«Molto bene, molto bene. E hai del tempo da perdere, vero?»
«Beh, mia moglie mi ha lasciato da due mesi, diceva che sono matto come un cavallo e che sarei finito in manicomio un giorno o l'altro. Ho tutto il tempo da perdere che voglio»
«Eccellente, davvero. Mi stai convincendo. Sai fare le imitazioni?»
«Non troppo bene, se devo essere sincero. Qualcuna mi riesce meglio di qualcun'altra»
«Va bene, adesso non è importante. Fammi sentire la tua voce, canta qualcosa per me, gallo guerriero».
Mark si leccò le labbra, si aggiustò la camicia e poi schioccò le dita come per capire come il suono sarebbe riverberato all'interno della stanza. Teo era in brodo di giuggiole.
Poi il pretendente iniziò a cantare, con voce profonda
«Teenage dreams in a teenage circus
Running around like a clown on purpose
Who gives a damn about the family you come from?
No givin’ up when you’re young and you want some».
Per poco Teo non si mise a gridare per farlo smettere: Mark era stonato come una campana, non riusciva a prendere due note giuste una dietro l'altra. E poi gli faceva un po' impressione sentir cantare una canzone di Mika da qualcuno che aveva la voce così profonda. E così terrificantemente stonata.
«Va bene, va bene, basta così» Teo si sbracciò e dovette comunque sorbirsi altre due terrificanti strofe prima di farlo stare zitto «Allora, tu hai quasi tutte le carte in regola, ma gli infermieri mi hanno detto che oggi posso vedere un altro pretendente che ha risposto al mio appello e il tempo vola, ah caspita come vola. Si, sono un sacco ricercato. Lascia il tuo numero di telefono, con il nome, in reception e se ho scelto te ti contatterò»
«Grazie!» disse entusiasta l'uomo, battendosi il petto con un pugno, poi se ne andò impettito e fiero come se lo avessero appena nominato conte.
«IL PROSSSIIIIIMO!» Urlò Teo, poi dovette un paio di minuti prima che qualcuno si presentasse.
La terza persona era un uomo di età compresa fra i quaranta e i cinquant'anni, con folti capelli grigi- biondi ordinatamente pettinati con la riga da un lato. Zigomi d'acciaio, labbra carnose, giacca e cravatta coordinati e il lungo cappotto Burberry ripiegato sul braccio.
«Ciao ciao! Allora, come ti chiami?» Lo salutò Teo
«Sono il dottor Hannibal Lecter»
«L'amichetto della dottoressa Bloom!» esultò il folle, mettendosi poi a sedere «Allora mettiamoci comodi, sono di fronte a uno psichiatra»
«Si, Teo. Mettiamoci comodi. Come mai non c'è una sedia per me?»
«Si canta meglio, in piedi, no? Allora, dottor Lecter, hai letto l'annuncio che ho fatto mettere online, sul Tattle?»
«Ovviamente, altrimenti perché sarei qui adesso?»
«Per psicanalizzarmi»
«Anche per quello» ammise Hannibal, divertito
«Guarda, ora ti farò alcune domande e tu dovrai rispondere sinceramente per dimostrarmi che sei la persona giusta, perché ho già in mente un buon collaboratore, anche se è stonato come una campana, e potrei anche sceglierei lui»
«Me ne farei una ragione».
Teo cercò di capire se fosse serio o se scherzasse, ma non ci riuscì: la faccia di quell'uomo sembrava cesellata nel marmo e vagamente inumana. Persino gli occhi erano immobili, mentre di solito quelli delle persone normali correvano in giro per la stanza alla ricerca di oggetti familiari.
«Allora, come mai hai deciso di rispondere all'appello?»
«Curiosità. Voglia di mettermi in gioco. Ottima conoscenza musicale. E tu sei folle, sei nel mio campo di studio»
«Tutte più che valide ragioni, certo, ma... il potere?»
«Non credo che otterremo niente. Ma sono disposto ad impegnarmi al massimo, semmai ci fosse una remotissima possibilità di ottenere qualcosa. Tuttavia, come avrai capito, sono qui per uno studio, non per riuscire a creare una risonanza vocale capace di distruggere gli oggetti o di forare i muri della realtà stessa, anche se sarebbe davvero molto interessante».
Teo ammutolì per un istante: ovviamente non sapeva che Will fosse paziente di Hannibal e dunque che gli avesse raccontato della natura dell'esperimento, perciò era molto colpito da quella deduzione.
«Sai che cosa faremo, dunque?»
«Si. Sono informato sull'argomento della risonanza. Posso distruggere un bicchiere con un violino. Ma è della voce che stiamo parlando, giusto?»
«Ti prego, non essere stonato anche tu» quasi piagnucolò Teo, cercando di non illudersi troppo riguardo ad un candidato che sembrava assolutamente perfetto «Ti prego. Sei perfetto. Anche il tuo accento è... adorabile. Si, si adorabile. E poi che bella voce! Hai del tempo da perdere?»
«Non molto, a dire il vero»
«Oh, questo è un bello svantaggio, il tipo che si è presentato prima ha molte ore da sprecare in mia compagnia. Potrei scegliere lui»
«E sia allora»
«Aspetta, ancora una cosa: sai fare le imitazioni?».
Hannibal si toccò la gola, strinse con le dita intorno al pomo d'adamo, si concentrò per un istante, schiarendosi la voce, e infine rispose replicando l'esatto timbro di Frederick Chilton, compreso l'accento affettato
«Credo proprio di si, Teo. Credo proprio di esserne capace»
«Oh, ti prego, ti prego, ti preego!» Teo schizzò in piedi, attaccandosi alle sbarre «Dici “Questo ospedale è mio e qui comando io!”»
«Questo ospedale è mio e qui comando io!»
«Ahhahahah! Oh si! Oh si Dottor Lecter! SIII!»
«Non esageriamo» rispose Hannibal, tornando al proprio timbro «E, per favore, non urlare così tanto»
«Scusa, ero davvero, davvero contento. Che usignolo geniale che sei! Puoi...» abbassò la voce, con un gran sorriso tutto denti stampato sulla faccia «...Imitare la mia voce»
«Chilton è più facile, ma posso provarci. Allora...» Hannibal disse più volte “Teo” con cadenze diverse, e infine, con voce quasi identica a quella del folle, dichiarò «Potrei esserne capace»
«Oh mio... Oh mio... OH MIO DIO, DOTTORE, SEI, È ASSOLUTAMENTE...»
«Shhh»
«MERAVIGLIOSO! AH, SI!».
Hannibal deglutì e si schiarì ancora una volta la voce.
L'infermiere che rimaneva nelle vicinanze per controllarli si sporse stranito verso di loro. Non vide nulla di inusuale, e non sembrava che il visitatore fosse in pericolo, quindi rimase in disparte. D'altronde non è che i pazzi facciano sempre le cose per un motivo.
Comunque li tenne d'occhio, non voleva che un ospite venisse molestato da quell'esaurito.
Teo non si sforzò di ricomporsi, ma almeno smise di urlare come una femmina di bradipo in calore «Assolutamente fantastico!» battè le mani «E ora» e si grattò la testa «Un'ultima domanda. L'ultimissima. Leggi spesso il Tattle-Crime?»
«Regolarmente»
«Mamma mia, però è una ciofeca quel giornale. Comunque non ti biasimo, di tanto in tanto ci scrive gente interessante, tipo me. Bene, molto molto bene! Per quanto mi riguarda, ci manca solamente una cosa... Vorrei che tu cantassi. Proviamo, se possibile, prima un brano singolo e poi qualcosa in duetto, sarebbe stupendo»
«Va bene, Teo. C'è qualcosa in particolare che vorresti sentirmi cantare?»
«Oh, ecco, vediamo, per un singolo vorrei qualcosa di appassionato, come “Hellfire” da Il Gobbo di Notre-Dame»
«Canteremo qualcosa di appassionato per l'esperimento?»
«Certamente. Quella in due è “Past the Point of No Return” dal Fantasma dell'Opera».
Teo gli fece l'occhiolino.
Hannibal ondeggiò un attimo sul posto, così impassibile da sembrare a disagio. Teo, per qualche motivo, trovò la cosa molto divertente.
«Le sai, vero?» Si premurò di chiedere il folle.
Se le sapeva? Se le sapeva? Una volta Hannibal aveva cantato Hellfire mentre era sotto la doccia e un trio di vecchiette che si comportavano come fangirl avevano fatto irruzione in casa sua chiedendogli di unirsi al coro parrocchiale. Certo, una si era sentita male vedendolo così poco vestito e così tanto bagnato, ma peggio per lei che entrava in casa delle persone mentre quelle si lavavano. Per questo il dottor Lecter lasciava quasi sempre la porta di casa aperta: gli piaceva vedere che sarebbe entrato quel giorno. A volte erano vecchiette appassionate di canto e di begli uomini, a volte erano ladri senza scrupoli che sarebbero diventati la cena.
Si schiarì la voce, chiudendo gli occhi.
Immaginò il mondo che si piegava intorno a lui fino a ridursi ad un bozzolo nero, salvo poi allargarsi di scatto fino ad abbracciare ogni galassia, ogni stella lontana, ogni granello di pulviscolo in luoghi così remoti che nessun corpo, solo la mente, poteva raggiungerli. E in questo universo enorme iniziò a cantare un coro e a suonare un organo immenso che lo avrebbe accompagnato, una musica che solo lui poteva udire.
Teo serrò le labbra, in attesa. Forse il dottore non sapeva quelle canzoni, forse avrebbe dovuto chiedergli qualcosa di più semplice come un “tanti auguri a te”.
E invece Hannibal dischiuse le labbra e la voce ne uscì, profonda e remota.
Confiteor Deo Omnipotenti
Beatae Mariae semper Virgini
Beato Michaeli archangelo
Sanctis apostolis omnibus sanctis
Teo tremò. Nessuno iniziava Hellfire con la parte in latino. Nessuno, neanche lui.
Beata Maria
You know I am a righteous man
Of my virtue I am justly proud
Hannibal irradiava un compiacimento solido come marmo, ad occhi chiusi, immobile, con il cappotto sottobraccio. Teo avrebbe voluto toccare la struttura solida della sua faccia e sapere se era vivo o la virtù di cui cantava era quella di una statua di pietra, la statua di un santo in piedi dentro una cattedrale, con fiori profumati posati ai suoi piedi.
You know I'm so much purer than
The common, vulgar, weak, licentious crowd!
Then tell me, Maria
Why I see her dancing there
Why her smold'ring eyes still scorch my soul?
I feel her, I see her
The sun caught in her raven hair
Is blazing in me out of all control
Rabbia. Una rabbia che si propagava come tentacoli di edera, avviluppati intorno ad un cuore che avrebbe dovuto essere di pietra ed invece era di carne rossa e pulsante. Hannibal aprì gli occhi di scatto, guardando il pavimento. E d'un tratto sentì la canzone più personale e deglutì, mentre il suo timbro cambiava e si faceva più graffiante, come di sabbia su un cilindro di vetro. Silice contro silice, ma di due tipi diversi.
Like fire
Hellfire
This fire in my skin
This burning
Desire
Is turning me to sin
Le sue mani iniziarono a muoversi, a gesticolare come a scusarsi di fronte ad una giuria immensa, quando di fronte a lui c'era solo Teo.
It's not my fault
I'm not to blame
It is the gypsy girl
The witch who sent this flame
It's not my fault
If in God's plan
He made the devil so much stronger than a maaaan!
Protect me, Maria
Don't let this siren cast her spell
Don't let her fire sear my flesh and bone
Destroy Esmeralda
And let her taste the fires of hell
Or else let her be mine and mine alone
Hellfire, dark fire
Now gypsy, it's your turn
Choose me or your pyre
Be mine or you will burn
Teo non lasciò che il fiato uscisse dalla propria gola. Tutto doveva essere silenzioso per sorreggere e circondare quella voce, quel suono. Avrebbe voluto essere in una cattedrale, avrebbe voluto che un rosone alle spalle di quell'uomo ne avesse evidenziato la figura con la luce sfaccettata che filtrava attraverso il vetro e i suoi colori, uno spettro ampio come il suono. Sarebbe stato bellissimo vedere i bordi di quella statua calda definiti e l'ombra dipingere e cancellare le sue fattezze umane, sentire quella voce uscire da un blocco d'ombra. Quell'alito di potenza e fuoco, musica e frustrazione direttamente dalle viscere del mondo che voleva proteggere.
God have mercy on her...
God have mercy on me..
Come un messaggero venuto lì per dirgli che poteva farcela.
Voleva imbottigliare la sua voce, aprirla per occasioni speciali, come un nostalgico annusa l'aria menta e sale del mare su cui è cresciuto.
But she will be mine
Or she will burn!
E mentre lui concludeva la canzone, il sorriso di Teo si allargava, e lui capì che un folle come lui non avrebbe mai potuto trattenersi dall'aprire quella bottiglietta molto più del dovuto.
Come resistere?
E tremò, nel pensare che ora avrebbero dovuto... Cantare insieme.
I suoi occhi accarezzarono quelli color topazio del Dottor Lecter. Non aveva a che vedere con la sua capacità di cantare, la sua straordinaria, sublime, capacità di piegare al proprio volere le proprie corde vocali, ma non poté fare a meno di pensare che erano così belli ed inusuali che gli si addicevano.
«Dottor Lecter» Disse. Deglutì, e per questo la sua voce ne uscì distorta. O forse era l'emozione.
«Teo»
«Dottore, ho la pelle d'oca. Vede? Lo vede da lì?» alzò il braccio e sollevò la manica per mostrargli la pelle sottostante.
«Ti credo sulla parola» Rispose Hannibal, la bocca carnosa curvata in un sorriso
«Io... io non so se potrei sopportare un'altra sua canzone oggi» rise Teo, incredulo «Lei è un mostro. La cosa migliore che potesse capitarmi oggi. Davvero».
Il Dottor Lecter chinò appena la testa in un cortese “grazie”, battendo le palpebre. Era allegro.
«Lei è l'ottimo misto di grazia e forza che cercavo. Sa, prima di sentire la sua esibizione, avevo in mente di...» ansimò, come alla ricerca di parole «Scusi un attimo. Non mi sento più la pelle. Normalmente è una sensazione che mi manderebbe fuori di testa, ma ora è un po' diverso. Mi sento nostalgico per qualcosa che ho sentito appena un minuto fa... scusi la parentesi, continuo la frase» inspirò ed espirò, esibendosi in un sorriso eccitato «Stavo per dire, che prima di vedere la sua esibizione avevo pensato a lungo al Dilemma della Segretaria. Detto in breve, se tu trovi una buona candidata a delle audizioni per il posto e la assumi, manderai a casa delle possibili candidate migliori per il posto senza neppure sapere di averle perse. Ma se per vedere le altre lasci andare la buona candidata che hai trovato, non sai se quelle dopo saranno migliori, e potresti finire per assumere l'ultima della fila che potrebbe benissimo esser una capra o una sbadata o una capra sbadata».
Hannibal lo ascoltava immobile, e Teo sentì una curiosa voglia di saltellare per la sua gabbia.
«Beh, io volevo ascoltare tutti i candidati che sarebbero arrivati, dato che non sono coinvolto in niente di così formale. Però, dopo quello che ha fatto lei, insomma... Non credo di potere trovare nessun altro, e sarei cieco a non cogliere l'occasione al volo!»
«Io sono sempre disponibile ad accettare il posto Teo» Disse il Dottor Lecter «Ma credo che dovresti ascoltare anche gli altri, quantomeno per educazione. È giusto dare un'opportunità a tutti».
Il dottore era sicuro di avere già il posto assicurato, avrebbe avuto di che nutrire la sua curiosità. Ma trovava molto più appagante essere scelto anche da un folle come quello sopra molte altre persone, invece che all'inizio. Dimostrarsi il miglior candidato possibile.
Teo ci rifletté per un attimo, guardando il punto di congiunzione tra le sbarre e il tetto, aprendo e chiudendo le dita attorno alle sbarre con lentezza.
Chissà se in origine avrebbero dovuto essere bianchi. Di certo ora non lo erano.
«Se lo dice lei, dottore» Disse alla fine «Lo farò».
Hannibal annuì «Allora buona giornata»
«Buona giornata. E quando la sceglierò, faremo quel duetto insieme, ma ora rischio un infarto».
Si sporse involontariamente attraverso le sbarre cercando di seguire Hannibal che si allontanava.
«Torni a trovarmi! Torni molto spesso! E diventiamo amici di penna, ma che, con una voce come la sua, diventiamo amici di messaggini vocali! Troverò un cellulare se accetta!»
«Ne discuteremo dopo. A più tardi, Teo» disse la voce già distante di Hannibal.
Ma era così bella!
Il Folle Teo si lasciò ricadere sul suo scomodo sedilino, sospirando. Si sentiva appagato, e al tempo stesso smaniava un matto per non stare fermo, era troppo... troppo.
Oggi non avrebbe sentito nessun altro, decise. Voleva serbare quel ricordo. Voleva tenere cara quella sensazione, cullarla come una madre col figlio.
Se fosse arrivata qualche pseudo-cantante che belava come un ovino a rovinargli il momento, sarebbe stato di pessimo umore. E quando era di pessimo umore, cosa che per fortuna accadeva molto di rado, Teo poteva anche uccidere qualcuno.
Quando più tardi Teo fu da solo, nella propria cella, non riusciva a smettere di risentire quella performance e di analizzarla. C'erano alcune discrepanze fra le note, minuscole e vibranti, come singhiozzi di tristezza, che avevano reso parte di quella canzone più tormentata e meno fluida, errori che una persona che aveva studiato canto non avrebbe fatto probabilmente. No, il dottor Lecter non aveva studiato canto, ma di sicuro amava molto la musica. E doveva esserci qualcosa di personale in quel testo che lo aveva colpito e aveva plasmato la sua voce.
Forse anche lui soffriva di terribili pene d'amore, come Claude Frollo? Se così fosse stato, Teo avrebbe dovuto premurarsi di far si che Hannibal non smettesse di soffrire, così che la sua voce sarebbe rimasta così inalteratamente agonizzante, profonda e deliziosa.
Si, questo era quello che il folle si ripromise di fare: ostacolare con ogni mezzo il congiungimento di Hannibal alla sua persona amata, non permettere mai che lui fosse felice abbastanza da smettere di cantare mentre la sua anima si rodeva e piangeva.
E aveva già un piano in mente... ovviamente se Hannibal avesse accettato di diventare suo amico di penna (o di cellulare). E quindi doveva ottenere un cellulare.