F. La storia di Hannibal è senza dubbio complessa, contorta e oscuramente meravigliosa, influenzata da migliaia di differenti variabili che l'hanno indirizzata sui binari che tutti conosciamo. Fra queste variabili, una delle più decisive è stata proprio Jack Crawford, questo personaggio apparentemente semplice e in realtà estremamente controverso. Chi è in realtà Jack Crawford? È davvero uno dei "buoni"? E quanto ha influenzato la storia dello Squartatore di Chesapeake? Sarebbe interessante partire dall'inizio, definendo qual è il "cuore" di questo personaggio. Jack Crawford è, prima di qualunque altra cosa, una sorta di incarnazione del poliziotto stereotipico: caparbio, con un forte senso della giustizia, disposto a qualunque cosa pur di catturare il criminale di turno. Eppure, sebbene dotato di questo palese senso della giustizia, si possono notare contraddizioni ovvie in esso. All'inizio della storia, nella prima puntata di Hannibal, abbiamo Jack Crawford che si presenta a Will Graham e gli chiede il suo aiuto o più propriamente di "prestargli la sua immaginazione". Crawford è il capo del dipartimento di scienze comportamentali, teoricamente sa che cosa sta chiedendo a Will Graham, sa che di pari passo ad una grande immaginazione cammina la paura, eppure non indugia, cerca di convincere Will anche quando questi si mostra riluttante. È giusto sacrificare la salute mentale di una sola persona (come in effetti vedremo che accade durante il corso della serie) in questo modo, anche se per salvare altre famiglie? Io sono convinta che Jack avesse altre possibilità, che avrebbe potuto rimboccarsi le maniche e chiamare qualcuno di quegli esperti che invece volevano aiutare, che non avrebbe dovuto per forza costringere e che non ne sarebbero usciti così rovinati, ma che ha scelto la via facile e questo è... immorale, se vogliamo.
E. Concordo. Ma prima di tutto voglio aprire una piccola parentesi: a mio
parere la versione di Hannibal creata da Bryan Fuller mette in gioco il
lato oscuro di ogni personaggio e focalizza i meccanismi di
manipolazione e potere all’interno della piccola “comunità” che si muove
dentro l’intera vicenda. Perciò sono d’accordo con te nel definire Jack
un po’ immorale: pur di raggiungere il proprio obiettivo (sacrosanto,
visto che il fine è di catturare pericolosi criminali) non esita a
muovere chi e come gli pare. In questo lo vedo poco arguto e difetta in
flessibilità: il suo è il carattere severo di chi ambisce al risultato
senza valutare altro. A volte pare non rendersi conto di quello che gli
sta intorno, come se il suo radar interiore si limitasse a pochi
obiettivi e si muovesse in modo emotivamente goffo, senza farsi scrupoli
e senza la minima empatia (e qui mi ricorda Hannibal – paragone forse
un po’ azzardato ma è un altro individuo che viaggia a zero empatia).
Ricordiamo che Jack affronta la malattia di Bella, sua moglie, con amore
e dedizione, ma anche con un certo pragmatismo ottuso (il dialogo tra
lui e Bella nello studio di Hannibal, nel momento in cui scopre la grave
malattia della moglie, è da manuale del perfetto marito un po’
stupido). Ma Jack ha anche lati positivi. Sa riconoscere i più validi
collaboratori (Will Graham, Miriam Lass e Clarice Starling), ha doti di
stratega e la giusta autorevolezza e competenza che gli permettono di
affrontare ogni caso con una buona dose di freddezza. Di certo è
coriaceo, pare sopportare tutto con una forza da super-eroe:
dall'aggressione ferina di Hannibal alla straziante morte di Bella,
dagli omicidi allucinanti che sembrano usciti da un horror di H.P.
Lovecraft, dal pensionamento forzato dall’FBI alla frustrazione di non
poter catturare lo Squartatore di Chesapeake, lui è sempre lì, in piedi e
con il suo sguardo torvo e fisso. Jack Crawford è il simbolo del
poliziotto duro e tosto, forse un po’ ciula (si può dire ciula? Sì, ok,
grazie! :D ) ma che sappiamo essere pronto a lottare pur di far
sventolare la bandiera della giustizia.
F.In effetti è vero che Jack Crawford possiede una resilienza agli eventi
traumatici davvero incredibile, ma questo fa sorgere una domanda: e se
fosse proprio questo a renderlo una persona "cattiva"? Mi spiego meglio:
la resilienza di Jack, la sua capacità di ritornare al suo stato
mentale iniziale dopo un trauma, non lo rendono ben poco flessibile
mentalmente? Normalmente, dopo un evento di tipo traumatico, la psiche
di una persona si adatta più o meno radicalmente per evitare che
quell'evento si ripeta. Jack non lo fa, Jack continua per la sua strada,
imperturbato. Manca di adattamento. E se fosse questo che gli impedisce
di capire dove sbaglia? Il ripetere sempre gli stessi errori?
E. Secondo me Jack è il personaggio più prevedibile della serie a cui
aggiungo, più che cattiveria, una certa ottusità di fondo. Non è ai
livelli di Chilton (povero Chilton!), ma appare ai miei occhi come una
figura un po' banale in mezzo a due personalità inconsuete come quelle
di Hannibal e Will. Forse è proprio questo il destino che Bryan ha
voluto per Jack: rappresentare l'ago della bilancia che resta immobile.
Jack manca del quid in più che possiedono Hannibal e Will, e si muove
sempre e solo in una direzione. Il suo, però, non è neppure il cercare
l'equilibrio perfetto, ma muoversi usando quello che a lui pare l'unico
traguardo: fare giustizia. In certi momenti è così impegnato e
ossessionato dal raggiungimento di quell'obiettivo che si muove in modo
impulsivo, ottuso, quasi rabbioso.
F. Eppure nel libro Jack non da questa impressione, non è curioso? Sebbene sia anche lì, ovviamente, non il più brillante nella stanza, notiamo che si tratta di una figura assai più autorevole (e persino più elastica) e il lettore ha l'impressione di potersi fidare di lui, tutto sommato. In compenso è più bruttino: Molly lo vede come "uno scimmione bianco". Il nostro Jack ha la faccia di Morpheus in Matrix, ma il cuore di un sasso. Il Jack dei libri è una guida, quasi un padre (cosa che si nota di più con Clarice) e ha piccole scene deliziose, come quella in cui condivide una confezione di tater tots con Will Graham... nella serie neanche si sogna di offrirgli un caffè, anche se è chiaro che il nostro detective empatico preferito sembra sul punto di crollare! Anche questa è ricerca dell'equilibrio perfetto? O Jack semplicemente... se ne frega?
E. Proprio così, nei libri di Thomas Harris il personaggio di Jack Crawford
(quando è in attività all’FBI) è affidabile, un leader lungimirante e
molto attento a tutto ciò che lo circonda. Come ho già detto, credo che
il Jack di Hannibal sia la versione che Bryan voleva di lui, per meglio
esaltare le figure di Will e Hannibal, e renderlo il più “normale”
possibile, con tratti tutto sommato poco interessanti e in alcuni casi
discutibili. Ricordiamo che nella prima stagione Jack non vuole rendersi
conto della sofferenza di Will, ne sfrutta e manipola i talenti,
soprattutto quello dell’empatia. Neppure si pone dei dubbi su quel
poveretto - affranto e in preda a deliri di ogni tipo - quando tutti
credono sia un assassino. Pur di acciuffare lo Squartatore di Chesapeake
evita di approfondire le prove che scagionerebbero Will. Certo, non è
felice durante l’arresto di Will, ma neppure si oppone, né indaga con
maggiore profondità. Per quanto mi riguarda ho trovato il suo
personaggio prevedibile, un po’ ottuso e scontato. Ma, ripeto, in
Hannibal doveva essere così: Jack dà l’idea di essere una semplice
cornice che circonda un quadro di assoluta bellezza dove sono
rappresentati solo Will e Hannibal. Il loro rapporto è il fulcro della
serie. In questo dialogo a mio parere c’è tutta l’essenza di Jack e Will
versione Bryan Fuller:
Jack: “Hannibal Lecter non è lo Squartatore di Chesapeake.”
Will: “Se lo Squartatore uccide, Hannibal Lecter sta organizzando una
cena. Tu e io potremmo aver sorseggiato vino mentre ingoiavamo le
persone a cui volevamo rendere giustizia, Jack.”
2a stagione, episodio 6, “Futamono”
Jack vive delle sue ottuse convinzioni ma Will, come sempre, va oltre
con un’immaginazione e un talento che Jack non possiederà mai.
Nel cinema credo che la versione di Jack Crawford più simile ai libri di
Harris sia quella interpretata da Scott Glenn ne “Il silenzio degli
innocenti”. Non intendo fisicamente, ma a livello di tratti psicologici.
Avevo anche apprezzato le versioni di Dennis Farina (Manhunter) e di
Harvey Keitel (Red Dragon) ma le ho trovate un po’ meno incisive.
F. Su questo concordiamo: la versione cinematografica più simile ai libri (e forse anche la più apprezzabile) è quella offerta da Scott Glenn. Anche nei libri, Jack Crawford ha un ruolo più sottile e incisivo proprio ne "Il Silenzio degli Innocenti", mentre in Red Dragon è più... beh, un filo più simile a come lo vediamo nella serie televisiva, nonché più "rude". Che sia perché ha a che fare con Will Graham, che è un uomo, piuttosto che con Clarice Starling, che è una giovanissima agente donna? Purtroppo spesso (troppo spesso) nei libri di Thomas Harris il trattamento fra i personaggi maschili e quelli femminili è davvero iniquo... cosa a cui, per fortuna, Bryan Fuller ha messo una pezza! Non posso tuttavia fare a meno di notare che persino nella serie televisiva Jack Crawford sembra ammorbidirsi, anche se di poco, in presenza di signorine. Non c'é che dire, proprio uno sbirro vecchio stile, con la convinzione di dover essere cavaliere verso il gentil sesso!
E. Vero: Jack è un po’ retro, ma credo sia per il suo ruolo. In fondo è il
bravo agente, quello che mette tutti in fila e li fa marciare. Credo sia
per questo che, nel libro, riporta Will Graham all’FBI con il compito
di aiutarlo a catturare Francis Dolarhyde e in seguito il suo intuito lo
porta a scegliere Clarice Starling per stanare Jame Gumb. Ho notato
che, sia nei libri sia nelle versioni cinematografiche e in quella
televisiva, Jack non comprende mai Hannibal. Per lui è un mostro da
mettere dietro le sbarre, nulla di più. Ma in fondo è il suo ruolo e lo
abbiamo più volte detto: Jack è il bravo agente FBI che segue le regole.
Gli unici suoi cambiamenti sono dovuti non tanto al suo ruolo
professionale quanto alla morte di Bella, la moglie. D’altronde è un
essere umano, non un robot o un alieno. Nei libri, ricordiamo, si sente
responsabile per la vicenda terribile di Will che si salva dall’attacco
di Dolarhyde – in Red Dragon - ma questi lo sfigura e fa di lui un uomo
infelice, solo e alcolizzato. Si riprende con la vittoria di Clarice su
Gumb ma in Hannibal scopriamo che ha problemi di salute e nella parte
finale del romanzo muore di infarto. Nella serie, come già abbiamo
detto, Jack sembra cadere e rialzarsi con grande forza, sia a livello
psicologico sia fisico. Ricordiamo la sonora lezione che dà ad Hannibal
nell’episodio Contorno. :)
F. Oh si! Si può empatizzare quanto si vuole con Hannibal, si possono capire le sue ragioni, la sua storia, ma non si può non apprezzare la sonora lezione che Jack Crawford gli impartisce in Contorno! Una delle mie scene preferite, potente, ben strutturata, con Hannibal che passa attraverso innumerevoli lastre di vetro, infrangendole così come ha infranto innumerevoli vite, ma stavolta rimanendone davvero segnato,
fisicamente segnato. Una sorta di legge del contrappasso (e sapendo che il tema di Dante è forte nella terza stagione è ancora più facile notarlo!) in cui Jack, come una sorta di angelo vendicatore, o persino di dio, punisce Hannibal per il dolore che ha inferto nelle stagioni precedenti.
Ricordiamo poi anche che Hannibal aveva ferito Jack alla gola proprio con un pezzo di vetro, nel finale della seconda stagione!
E poi vedere Jack combattere è una gioia per gli occhi: a dispetto della taglia e del fisico possente, si muove agilmente e i suoi colpi vanno dritti a segno come pugni di Muhammad Alì! Anche la scena in cui "arpiona" Hannibal come un pesce, ferendolo alla gamba con un rampino, ha secondo me una sua chiara valenza simbolica: se Will, pur essendo un pescatore esperto, si è lasciato scappare questo pesce, allora sarà Jack a prenderlo... con un'altra tecnica. L'intera scena è concreta, fisica, terrena come lo è il personaggio di Crawford e, proprio per questo, bellissima: perché ancora lo spettatore a terra pur senza banalizzare la violenza.
E.Vero, la furia “divina” di Jack è un momento
catartico. Dopo tanta sofferenza quel brav’uomo, una delle tante anime
semplici manipolate dalla perfida intelligenza di Hannibal, si gode la
sua personale rivincita. Lo fa con la forza che gli appartiene, quella
fisica, perché il vigore mentale è territorio di Hannibal e di Will, e
finalmente ferisce chi lo ha umiliato e quasi ucciso.
“Hannibal: How will you feel when I'm gone?”
“Jack: Alive.”
Ma Jack non lo uccide, chiederà a Will di farlo. Qui Jack mostra la sua
vulnerabilità: riposta la rabbia è in definitiva un uomo stanco e
prostrato per la morte della moglie le cui ceneri, insieme all’anello
nuziale, sono state gettate nel fiume Arno. Una scena emotivamente
toccante, con il sospiro e le lacrime di Jack che, unite alla luce del
tramonto nella scena girata sul Ponte di Santa Trinità, sembrano quasi
presagire una sorta di crepuscolo personale. Si dice che, prima o poi,
viviamo tutti per sopravvivere, e Jack, ad un certo punto è a tutti gli
effetti un sopravvissuto. Ogni episodio della terza stagione lo vede
differente dal Jack delle due stagioni precedenti; più distaccato,
distante, raggelato nel suo dolore e ancora più realista, ben saldo e
piantato con i piedi per terra. Credo che per impersonare Jack scegliere
Laurence Fishburne, attore alto e robusto che comunica sì forza ma
anche una sobria stabilità, non sia stato un gesto casuale. Perché Jack
Crawford è proprio questo: un uomo tutto d’un pezzo.
“Ciao, Bella.”